Descrizione
"...ma poi, che cos'è un nome?"
Una mostra sul censimento degli ebrei a Milano nel 1938
Descrizione
la forma dell’allestimento
Contenuto in azione • Formazione
Se solo potessi essere tutte le persone in ogni parte del mondo!
Fernando Pessoa nella forma di Álvaro de Campos, Ode Triunfal
L’essere umano non si trova semplicemente in uno spazio; lo abita. Il contenuto non si trova semplicemente in uno spazio; gli dà forma.
Contenuto e contenitore: entrambi contengono. Segnano un limite. Significato e senso entrano in relazione attraverso di esso; danno forma allo spazio e al tempo, modellati dall’uso del colore come azione che li dilata. Così, la forma dell’allestimento amplifica l’osservazione e l’ascolto dei documenti originari e della loro interpretazione originale; si trasforma in un’esperienza. L’esperienza tocca e muove. Emoziona. Mette in moto una storia particolare che diviene universale; supera il contesto storico/geografico, appartenendo a tutti i tempi e a tutti i luoghi. L’allestimento costruisce il racconto di ieri -l’enormità dell’evento accaduto nel 1938- per dare forma al racconto di oggi.
Ognuno dall’ingresso del Palazzo sceglierà, più o meno consapevolmente, se entrare subito in questa stanza nell’atrio, attivando la scoperta come accadde a chi compilò la scheda del censimento, a ritroso nel tempo; se entrare lateralmente, trovandosi già avvolti dalle 11.000 presenze; se scendendo i gradini del caffè della Triennale, quindi dopo una pausa, percorrendo la mostra, comprendendo di cosa si tratta, in modo cronologico. Queste differenti modalità contribuiscono a far emergere dalla Storia, le storie dei protagonisti di allora e dei testimoni di oggi, coloro che visitano la mostra, che riconoscono ciò che allora fu nascosto: la arendtiana “banalità del male” nell’esecuzione di un ordine istituzionale; e le sue conseguenze. Attraverso scelti documenti di archivio e differenti forme di elaborazione dei dati desunti, uno sguardo contemporaneo riconosce e svela un progetto per tutti i tempi.
L’allestimento ricerca prima l’equilibrio, forma in movimento tra contenitore e contenuto. Affida lo stesso peso alla vicenda di ieri e all’esperienza di oggi. Intercettando le differenti modalità di espressione, raggiunge uno stato di armonia, quindi di comprensione. Dalla frattura prodotta dall’evento emergono la simultaneità di dinamismo -confermata dall’inevitabile fluire dell’atrio della Triennale- e di stabilità -stare e proteggere i contenuti dal passaggio e dalla luce, per orientare lo sguardo-.
Rappresentare una demarcazione che diventa stanza nell’atrio, ripercorre quel taglio sino all’origine -l’ordine ministeriale trasmesso in pieno agosto attraverso la fragile velina rosa all’interno di un ufficio- rende presente, nell’apparente quotidianità e fluire dell’intorno, la cesura/censura del censimento milanese e il senso civico che si attribuisce a tale atto istituzionale compilandolo -di norma con valore universale-.
Una cesura, come ogni progetto di architettura: un interno e un esterno. Ma allora nascondeva un progetto specializzato, voluto: il censimento dei soli ebrei. Scompare l’equivoco; diviene progetto di distruzione. Quale costruzione ora per questa storia? L’allestimento la rivela al culmine dell’esperienza di questa piccola stanza, dove la forma consente di sostare nel dialogo tra ieri e oggi, tra documento e progetto, tra contenuto e contenitore, qui e ora; nella loro relazione, nella loro esperienza.
Attraverso la manifestazione del contenuto in forma, la neutralità dello spazio dell’atrio diviene luogo. Esiste nel momento in cui lo attraversiamo, entrando, e attiviamo la relazione. Il contenuto si fa corpo, diviene forma in movimento.
Annalisa de Curtis • Morpurgo de Curtis ArchitettiAssociati