Descrizione
La nuova Sede della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea-CDEC si insedia all’interno di un’area della Stazione Centrale di Milano caratterizzata da spazi tecnologici ancora attivi e da altri dismessi. Il grande ambiente in stato di abbandono, costituito da due campate trasversali ubicate all’interno del corpo di fabbrica che si estende lungo Via Ferrante Aporti su cui affaccia con due ampi finestroni, era privo di divisori e impianti. Essendo parte della Stazione, l’area ricade di conseguenza all’interno del vincolo di tutela posto su di esso dalla Soprintendenza.
Lo spazio di circa 300 mq condivide con l’attiguo Memoriale della Shoah prerogative di unicità architettonico-monumentali, determinate dalla presenza delle strutture in vista dell’edificio progettato nel 1931 dall’Architetto Ulisse Stacchini, che rappresentano il carattere morfologicamente rilevante e caratterizzante l’identità specifica degli spazi interni dell’edificio-infrastruttura.
Essendo priva di ingresso diretto dall’esterno, all’area uffici del CDEC si accede dal Memoriale della Shoah.
I criteri progettuali seguiti per conferire forma, uso e significato allo spazio assegnato alla nuova sede della Fondazione CDEC, rappresentano l’elemento di principale continuità col progetto del Memoriale. È stata considerata come priorità l’assegnare qualità agli ambienti del Centro Studi in rapporto alle caratteristiche spaziali, morfologiche e materiche della Stazione Centrale, quindi ai materiali che la caratterizzano - cemento armato a vista, acciaio, vetro. Tale continuità morfologica e materica identifica la nuova sede della Fondazione CDEC come luogo finalizzato alla documentazione e allo studio dell’eredità ebraica italiana e della Shoah, fatto che costituisce il naturale completamento del sito memorialistico e museale.
La nuova sede del CDEC è stata in particolare pensata a partire dalle caratteristiche specifiche del ‘contenitore’ in cui si inserisce: un grande spazio indiviso che mostra la propria ossatura. I nuovi uffici sono formati da un unico spazio in sequenza, che scandisce ambienti di lavoro tra loro integrati, ma al contempo autonomi. Distanziare questi ambienti dalla preesistenza è un modo per preservare la lettura della sua identità specifica, oltre che l’espressione di un metodo di montaggio reversibile, in quanto non comporta demolizioni o alterazioni dello stesso involucro-stazione.
Il grande spazio cavo con un'unica colonna centrale consente di distribuire gli spazi interni attraverso volumi autonomi desolidarizzati. Realizzati con telai autoportanti in acciaio leggermente sollevati dal pavimento della Stazione e tamponamenti in materiale opaco (pannelli isolanti) o trasparente (serramenti in vetro), essi costituiscono singole unità o per il lavoro, ambienti protetti da rumori e vibrazioni che riducono anche il disperdimento energetico.