Descrizione
"Ogni tanto, una volta ogni tot anni, un progetto di interni (come problema di architettura e non di arredamento) ci accende di nuovo, e ci lascia sperare che questa disciplina possa tornare a essere il centro di ogni riflessione, come era stato per Franco Albini, Giò Ponti, Luigi Caccia Dominioni.
Così, oggi, di nuovo, registriamo intensità e dedizione applicate a un progetto di architettura degli interni con tanti più, inversamente proporzionali alle dimensioni dell’intervento. Come quale precedente d’eccezione, che è un piacere-dovere ricordare: il falegname che ha anticipato ragionamenti sui comportamenti domestici coniugandoli tra plasticità nuova e funzionalità sempre necessaria: vedi Jerrit T. Rietveld alla voce camera da letto di casa Harrestein. Poi, certo, la perizia di Eileen Gray, più volte, spesso, sempre come nei 40 metri quadrati dell’alloggio Badovici in rue de Chateaubriand a Parigi, un circuito per la vita quotidiana intorno al luogo fisico del riposo. Ovvio, Carlo Mollino, in uno dei suoi interni non realizzati, la camera-studio di Ettore Caretta, 15 metri quadrati di stratagemmi per rovesciare ogni precedente prospettiva, rotazioni e slittamenti come acceleratori di funzioni. E, su tutti, il genio di Le Corbusier, preso anche per frammenti: le follie, periscopio compreso, dell’attico Beistegui, i camini delle Maison Jaule, i bagni della Maison Guiette, e le tante attenzioni della propria casa di rue Nungesser-et-Coli.
Cosa abbiamo in queste pagine, allora: proprio come in questi precedenti, un lavorio infinito di attenzioni, calibrature pianta/sezione per dare e ottenere spazio, per offrire e aggiudicarsi funzioni, dispositivi fatti architettura per frammentare lo spazio, per disegnare percorsi, per regalare traguardi (quello che Hèlio Oiticica aveva fatto coi suoi Nuclei mentre attraversava danzando la contemporaneità dell’arte). Spazi densissimi da esprimere, frammenti in cui (quasi) perdersi, dopo aver apprezzato colori, traiettorie, sguinci, soluzioni, spessori, e dettagli infiniti, tra fabbri come orafi e muratori come sarti. Come era accaduto quarant’anni fa in una casa in via Paravia a Milano, costruita silenziosamente da un architetto oggi riconosciuto internazionalmente, Umberto Riva. E così, proprio come direbbe il maestro, questa casa “non è ancora finita […] mancano ancora dei dettagli […] siamo sempre alla ricerca di bravi imbianchini”."
da: Beppe Finessi, Morpurgo de Curtis a Milano, in “Abitare” n. 473, giugno 2007, pp.164-171